“Cento bisavoli prima del bisavolo mio, nella Sardegna, raccontano gli antichi, sono venuti gli uomini del pianeta blu, a pelle blu e liscia che pareva di porcellana, con un corpo che pareva pieno di aria, ma non era di aria ma trasparente come una vetrina, che non era possibile toccarli se uno non voleva essere fulminato all’istante. Dicono gli antichi che erano uomini di alta statura, con la faccia uguale alle statue di bronzo e di pietra che ricordano questa venuta. Sulla testa portavano un corno come un vomere e sulla fronte un porro che lampeggiava. Si erano fatti vie di fuoco e in queste vie restava la polvere della vita e da questa polvere è nato ogni essere vivente, racconta il proverbio antico.”
“Si tratta di una spiegazione, questa della nuragheologia, piuttosto avventurosa, ma che dimostra, ancora oggi, la sua validità, posto che non si possano essere certezze in materia. In realtà non sappiamo che cosa sia realmente la vita. Sappiamo solo che alcuni suoi ingredienti di base come l’idrogeno, l’ossigeno, l’azoto, il carbonio esistono un po’ dappertutto e che questi, aggregandosi, servono come materiali della struttura vivente. Ma, scoperti i mattoni della vita, il resto è buio completo! Resta solo questo racconto della nuragheologia, che non è racconto mitologico ma una esperienza vissuta da lontani progenitori, che può essere e non può essere!”
Poi De Muro scrive anche sulla Grotta del Bue Marino:
“Sicché, quando i giovani saranno i vecchi e i vecchi saranno i giovani l’avvenimento ricordato con quella scrittura figurata, nella parte della grotta del Bue Marino e non solo in quella ma in mille altre grotte marine e terrestri dell’isola, se queste fossero state lasciate intatte con la loro storica narrazione, si ripeterà, cioè, l’incontro avvenuto nell’isola tra i Sardi che avevano esperienze di galazzoni e quindi a conoscenza dell’esistenza, non solo di altre infinite umanità più o meno a somiglianza della nostra, ma anche di infiniti altri pianeti, più o meno consimili alla terra, coi quali è possibile, un incontro, come quello già avvenuto circa tremila anni fa.”
“Si dirà che questo è fantascienza, ma non lo è affatto, perché un simile avvenimento è scientificamente probabile che sia avvenuto, perché, oggi, siamo in grado di provare che a quell’epoca, un gruppo di pianeti della Via Lattea e precisamente quelli della costellazione di Sino si trovavano dalla terra, per via dell’eterno spostarsi nell’universo, a circa cinquanta anni luce di distanza (la galassia è un disco di centomila anni luce). A quella distanza era possibile «incontrarsi», perché, i Sardi e quindi gli extra terrestri ancora di più, i loro «messaggi» li trasmettevano con la percezione sensoriale (oggi purtroppo un esercizio impossibile per l’uomo non più addestrato da sessanta generazioni) il che permetteva loro di ricevere e trasmettere col pensiero, ad una velocità di gran lunga superiore ai trecentomila chilometri al minuto secondo.”
C’è un fatto testimoniale incontrovertibile, che nessuno può negare, ed è che in Sardegna, nelle sue grotte e anche nelle grotte di altri popoli, esistono ancora e sono alla vista di tutti, delle incisioni o figurazioni schematiche antropomorfe che raccontano questo incontro.
“Non è pensabile che questi esseri umani abbiano perso il tempo a fare ciò per gioco – racconta De Muro – se lo hanno fatto vuol dire che hanno trovato bisogno di eternare e far sapere ai posteri questo straordinario avvenimento. Avvenimento che si ripeterà, ed è questo forse il motivo che li ha indotti a fare quelle iscrizioni in ogni grotta, perché lo capissero e lo sapessero tutti e tutti si preparassero, quando i giovani saranno i vecchi e i vecchi saranno i giovani. Ma quando? Quando quel pianeta si ritroverà nella medesima distanza di quella epoca? Questo è il punto, quando avverrà ciò?”
“In qualunque tempo avvenga questo ritorno degli uomini blu è un problema che riguarderà le generazioni future, a noi, oggi, ci serve, prendere atto che gli antichi ci hanno lasciato una «notizia», in cui ci dicono che altri esseri umani di altri mondi, sono venuti qui su questo pianeta e che torneranno. Prendiamo atto di questa «documentazione»”UOMINI DI ALTRI MONDI DALLA PELLE BLU – RICORDANDO I W56 DEL CASO AMICIZIA
Da sempre gli extraterrestri ci bombardano di notizie, solo che noi non le sentiamo e non le comprendiamo: L’uomo avrebbe perduto tante capacità che lo rendevano simile agli abitanti degli altri mondi, allontanandolo da un tipo di vita che asseconda la natura umana. Ma quando questa possibilità di comunicazione era attiva, ecco come avveniva, secondo i precetti di un tempo codificati in sardo, che De Muro ha reso così in lingua italiana:
“Se vuoi avere le orecchie accese, mettiti in testa il casco con le orecchie riceventi, come facevano gli antichi, quando andavano al nuraghe per ascoltare le voci dei pianeti. Narra la storia antica che il casco con le antenne (fatto di sottili fili di rame e pelle di daino), come la protuberanza carnosa (fatta di sensibili organi riceventi) che ha la forma di un vomere, degli uomini blu, sono stati ricordati con le statue di bronzo nascoste in luogo sicuro e che gli stranieri hanno interpretato per un elmo cornuto e un copricapo di ferro”.
Secondo questa antica testimonianza, gli elmi di certi bronzetti sarebbero sormontati da antenne sofisticate, non da corna di animale. Quanto agli “uomini blu”, con tale denominazione venivano chiamati gli abitanti di altri mondi in contatto con i protosardi, secondo un rituale che presentava diverse varianti. Questi esseri somigliano molto alla storia dei W56, si, il Caso Amicizia!!
In altre parole, certi protosardi comunicavano con gli extraterrestri mettendosi sopra i nuraghi o in un altro luogo dove regnava il silenzio, stesi col corpo nudo su una pietra levigata, in linea con le stesse che emanano energie cosmiche capaci di essere ricevute dai recettori umani. Oltre a ciò occorreva una grande concentrazione che consentiva di ricevere questi suoni muti.
De Muro tratta l’argomento con molta perizia e lo tratta in maniera scientifica segnalando e argomentando su ciascuna fase di quella che fu un esperienza senza pari. I nomi dei 170 Nuraghi, così ben studiati e usati per un fine celeste, la grafia, i petroglifi, le norme di comportamento della nuraghia, i brebus, i precetti salmodiati col tono di voce bassa, i diccius, i racconti popolari, rendono l’idea a chiunque voglia accostarsi e comprendere. Questo materiale, andrebbe preso sul serio, non solo affinché possiate conoscere, ma anche affinché possiate seriamente sperimentare di persona cosa significhi tutto ciò.
A cura della Redazione di segnidalcielo.it