Giorgio Cerquetti – Spirito Libero
È indispensabile avere un maestro per avanzare sul cammino?
Cap.IV – Camminare su acque agitate
Epilogo
La stella a cinque punte
Hai frequentato il Liceo Parini di Milano, hai vissuto il ’68 e il periodo della controcultura hippy, contribuendo attivamente alla diffusione di modelli di vita alternativi. Raccontaci qualcosa di quei tempi irripetibili.
1966, giornale scolastico La zanzara, 850 copie, intervista tra ragazze e ragazzi sulla sessualità: denuncia in base a leggi fasciste, processo, e nel 1968 la prima scuola occupata, il Liceo Parini. Quell’anno però partii per l’India, perché io ero l’ala mistico-spirituale del movimento studentesco: parlavo già allora di eternità e reincarnazione… Poi c’è stata l’infiltrazione dei vari partiti e molta gente ricorda del ’68 solo l’aspetto di piazza, mentre c’era anche un’importante corrente mistico-esoterica-spirituale.
A quei tempi collaboravo anche a Mondo Beat, una rivista alternativa fondata a Milano nel 1966. Alcuni anni dopo, con Majid Valcarenghi e altri, abbiamo creato Re Nudo, su cui tenevo una rubrica che si chiamava La conoscenza alternativa del corpo e della mente, e iniziammo a organizzare i Festival del proletariato giovanile. L’ultimo Festival di Re Nudo fu quello del 1976 a Parco Lambro, a cui parteciparono 100.000 persone per una settimana. Majid Valcarenghi si occupava della zona A, un palco dove suonavano gratis artisti come Giorgio Gaber, la Premiata Forneria Marconi, Claudio Rocchi, Eugenio Finardi, il Banco del Mutuo Soccorso… poi c’era la collinetta, la zona B, responsabile Giorgio Cerquetti: massaggi, yoga, meditazione, accampamenti di tende colorate. Ho vissuto lì notte e giorno per una settimana. Poi arrivò un grosso temporale estivo, e il modo migliore per non bagnarsi i vestiti era toglierseli, piegarli e metterli sotto le tende: per cui in 10.000 persone abbiamo fatto, nudi, la danza della pioggia.
L’Osservatore Romano uscì con questo titolo: Riti pagani alla periferia di Milano. In realtà abbiamo solo fatto il video di una canzone di successo, I’m singing in the rain. Cossiga, che era ministro degli Interni, disse: «Mai più!» E da allora, da quell’estate del ’76, di quei 100.000 ragazzi, almeno 20.000 sono partiti per l’India. È nato lì il seme della Nuova Era. Anche Valcarenghi, che faceva la zona A, riconosce oggi che i temi della zona B sono quelli che poi sono fioriti sul nuovo Re Nudo e sulle nuove riviste. Già nel 1970 avevo fondato la rivista OM – usciva in contemporanea a Milano e a Katmandu (costava una rupia a Katmandu e 50 lire a Milano) – che è stato il primo giornale a denunciare il genocidio operato dai cinesi in Tibet. A quei tempi, infatti, nessuno parlava del Dalai Lama e del massacro cinese.
Quali sono le differenze nell’approccio alla spiritualità tra la tua generazione, di cui hai raccontato questa vitalità esplosiva, e quella dei giovani di oggi?
Non credo nelle generazioni. Io dico che se uno vuole invecchiare precocemente deve frequentare i coetanei, se invece vuole vivere felice deve frequentare i contemporanei. Io mi sono sempre considerato un bambino prodigio e da piccolo spiegavo: «Sono un bambino prodigio e il mio prodigio è non fare il bambino». Io sono uno spirito eterno e a otto anni ho cominciato a ricordare le vite precedenti.
Quando s’incontrano un viaggiatore che ha buona memoria e un viaggiatore che soffre di amnesia, il primo, se è compassionevole, dice al secondo: «Scusa, ti sei dimenticato che la tua vita non ha mai avuto inizio e non avrà mai fine?»
Hai scritto: «Ho provato per l’India lo stesso affetto e attaccamento che si ha verso una persona cara, sin da bambino l’ho vissuta con un entusiasmo e una nostalgia stupefacenti. Immagini e memorie, che in teoria non avrebbero dovuto esserci, cominciarono ad affiorare con un crescendo che alla fine mi ha riportato in India, alla sorgente dei ricordi». Cosa rappresenta l’India per te?
Tra il 1968 e il 2012 sono andato per quarantaquattro anni in India. Adesso ho deciso di non muovermi dall’Italia fino a quando non lascio il corpo. Potrei fare delle eccezioni solo su tre stati stranieri: Città del Vaticano, San Marino e Canton Ticino.
Voglio andare solo dove parlano italiano per spiegare a questi benedetti italiani che hanno delle qualità infinite con un piccolo punto debole: autostima bassa. Quindi, per giocare con le parole, io più che un guru, mi considero una gru: il mio scopo è tirare su l’autostima degli italiani. Google funziona su un algoritmo fatto da un italiano, il film ET ha avuto successo grazie a Rambaldi, per merito di Marconi con la radio e di Meucci con il telefono l’umanità ha fatto uno scatto evolutivo decisivo. Gli italiani la devono smettere di pensar male di se stessi. Quindi, quando incontro qualcuno, lo invito a parlar bene di se stesso, e per stimolarlo comincio a parlar bene di me.
Tra il 1991 e il 1999 ho vissuto negli Stati Uniti, dove ho incontrato Deepak Chopra, Louise Hay, James Redfield e vari personaggi di quella che era la Nuova Era, e tutti mi hanno detto: «Se inizierà nel mondo una vera nuova era, può iniziare solo dall’Italia». Allora mi son detto: «Torno in Italia e li informo». Dicevano questo perché noi abbiamo il più grande patrimonio alimentare (la dieta mediterranea), culturale, artistico, spirituale e climatico. Non c’è un paese al mondo che abbia tutte queste caratteristiche. Solo che se ci vivi dentro… è come spiegare a un pesce cos’è l’oceano. Il pesce capisce l’importanza dell’acqua solo quando lo tiri fuori.
Intervista a Giorgio Cerquetti, estratta dal n.5 maggio-giugno 2012 della rivista Oltreconfine
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